23 maggio 1992, ore 17:58: cinquecento chili di tritolo esplodono lungo l’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci. Il cielo, per qualche minuto, diventa nero, si apre una voragine di oltre cinque metri. Una strage.
In quell’attentato muoiono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre poliziotti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.
Quell’esplosione non segna solo la fine di cinque vite ma scuote il Paese intero. Un tumulto di rabbia e una voglia di riscatto e giustizia si accendono nei siciliani e in tutti gli italiani. Da lì parte una vera e propria rivoluzione culturale, da lì è evidente e non più negabile che la mafia esiste, è forte e non può continuare a essere considerata alla stregua di una mera disfunzione sociale confinata al Sud.
La strage di Capaci non silenziò una voce ma la rese eterna. La voce del Giudice Falcone, infatti, continua a risuonare forte, sempre più forte. La sua vita e il suo lavoro sono un lascito inestimabile per il mondo dell’antimafia e per tutta la nostra comunità. Il “metodo Falcone”, quello di “seguire il denaro”, è uno degli insegnamenti più importanti nella lotta antimafia. Falcone si rese conto che c’era un volto inaspettato della mafia, più silenzioso di quello sanguinario a cui si era abituati nell’immaginario collettivo, fatto di affari e commerci illeciti. Ed è da lì che nacque la tecnica investigativa ancor oggi cardine delle indagini antimafia che, partendo dall’analisi delle transizioni economiche, permette di seguire le attività criminali e le connessioni tra criminalità e impresa.
Giovanni Falcone non era un eroe. Se lo considerassimo tale, cadremmo in un errore, quello di ritenere che combattere la mafia e l’illegalità è una missione stra-ordinaria, fuori dalle possibilità di ciascuno di noi. Giovanni Falcone, invece, ci ha insegnato che non era così. Giovanni Falcone ci ha insegnato che la mafia si può battere, che la mafia è un fatto umano e che, con altrettanti fatti umani, si può sconfiggere. Giovanni Falcone ci ha insegnato che si può avere paura ma non ci si deve far condizionare da essa.
Giovanni Falcone era un uomo, un servitore dello Stato. Giovanni Falcone nutriva preoccupazioni ma la voglia di giustizia e l’amore per la sua terra ne hanno alimentato lo straordinario coraggio che gli ha permesso di andare avanti a testa alta e a schiena dritta.
A trent’anni esatti dalla sua tragica uccisione, la sua storia di coraggio continua a essere un insegnamento attuale che abbiamo il dovere di cogliere e coltivare.