Promuovere cultura e ricerca scientifica con il Recovery Fund

19 Settembre 2020

PROMUOVERE CULTURA E RICERCA SCIENTIFICA CON IL RECOVERY FUND

di Alessandro Giuli

Le linee guida del Recovery Plan sono finalmente all’attenzione del Parlamento. È una buona notizia, a prescindere da ogni giudizio sulla genealogia di un progetto concepito per recepire e valorizzare il grande sforzo economico europeo (quindi italianissimo!) ispirato sin dal nome all’idea del recupero, della ripresa e della guarigione dagli effetti nefasti della pandemia: il Recovery Fund. È peraltro di buon auspicio che il presidente del Consiglio ne abbia accennato nei termini di “una sfida” decisiva davanti agli studenti dell’ancora in parte terremotata Norcia, antichissimo insediamento etrusco e città natale di quel San Benedetto patrono d’Europa i cui monaci hanno eretto la loro più importante abbazia a Montecassino, sui resti del tempio di Apollo, nume guaritore, protettore delle Muse e delle Arti. Siamo nel cuore del nostro Articolo 9, lì dove la Costituzione impegna il ceto politico a “promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

In un quadro continentale e mondiale di enormi difficoltà, l’Italia è in condizioni migliori di altri Stati ma il turismo ha perso circa 100 miliardi e potrebbe impiegare, a considerare le previsioni meno fauste, almeno tre anni per riprendersi: sospesi i tradizionali Gran Tour internazionali (con 482 milioni perduti), ridotti i flussi del turismo di prossimità nelle città d’arte, secondo l’Istat 6 imprese del settore su 10 mettono in dubbio la propria sopravvivenza. Si stimano danni anche per teatri, cinema e concerti. I primi a riprendersi saranno i musei, le cattedrali e i siti archeologici, che sono in postazione fissa e già in lenta ripresa. Sarebbe un errore imperdonabile languire nello status quo e attendere inerti, o peggio inermi, che tutto torni come prima. È dunque giunto il momento di trasformare il veleno del Coronavirus nel farmaco di una grande riflessione collettiva da parte di una Nazione che per la cultura oggi spende appena lo 0,7 per cento del Pil (siamo al ventitreesimo posto in Europa) e che, come ci ha appena ricordato il professor Tomaso Montanari, ha il dovere di occuparsi preventivamente del rischio sismico: “Perché se c’è una cosa capace di cancellare in un colpo solo paesaggio e patrimonio, anzi pietre e popolo, ebbene quella cosa è il terremoto” .

UN PERCORSO CONDIVISO IN NOME DELLA CONCORDIA

A che servono i soldi europei se non a occuparsi principalmente di mettere in sicurezza il territorio nazionale e i suoi inestimabili tesori naturali e artistici, dotando la Penisola delle necessarie infrastrutture culturali, fisiche e immateriali? La stessa cura con la quale i più avvertiti politici stanno esaminando la possibilità di condividere un percorso costituente, che completi l’eventuale taglio dei parlamentari con un assetto istituzionale differenziato e garante del principio di rappresentanza, potrebbe essere diretta a uno sforzo condiviso di più ampia e lunga gittata. Con l’obiettivo di rendere forti le istituzioni dello Stato, attraverso uno sforzo unitario e trasversale, e al tempo stesso propiziare la Rinascenza del senso profondo d’una comunità di destino che si stringe intorno alla propria eccezionalità, al proprio Genio, riconsacrando la sfera pubblica e i suoi legami sociali. Se le ricorrenti, faziose divisioni sulle priorità economiche o amministrative rappresentano il tratto di una politica spesso lontana da se stessa prima ancora che dai cittadini, la discordia intorno alle nostre urgenze civili più profonde e identitarie non dovrebbe avere diritto di cittadinanza. Tutelare, nel senso di proteggere e difendere e curare l’Italia ridestando l’inesausta linfa che verdeggia nel suo organismo: ecco un buon principio regolativo da assegnare ai tecnici che si stanno occupando di tradurre in progetti concreti le linee guida del Recovery Fund. In tal senso, sia pure con una formulazione ancora generica, si sta affacciando l’idea di approntare un Recovery Plan culturale che coinvolga ogni soggetto pubblico e privato; idea che va incoraggiata, nutrendola di contenuti e simboli adeguati. Uno di questi, nell’anno della grande mostra quirinalizia su Raffaello, può essere la Scuola di Atene del “Divino artista” urbinate (una sua riproduzione in scala 1:1, assieme a quelle di altri 45 dipinti altrimenti invisibili, è presente fino al 30 di settembre proprio a Urbino nell’esposizione Raffaello – Una mostra impossibile,ideata e curata da Renato Parascandolo). Affresco neoplatonico intonato all’aurea misura, la Scuola di Atene è l’emblema sempiterno della Concordia, la sintesi virtuosa di una Sofia antica, Sapienza unitaria, pitagorica e italiana. A ben vedere, la Salute di un’Italia concorde – giardino de’ filosofi e de lo imperio dantesco – è anche la salvezza dell’Europa unita e dei suoi stati sovrani (“e pluribus unum”!).

Che sia questo il vero compito del Recovery Fund?

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