BOOM TURISTICO E PREVENZIONE, C’È UNA CITTÀ ITALIANA DOVE È POSSIBILE
di Alessandro Giuli
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
(Costituzione italiana, articolo 9)
Nel post precedente ( https://www.francescoduva.it/2020/08/20/larticolo-9-della-costituzione-cuore-dellitalia-che-riparte/ )vi abbiamo anticipato la portata e il senso di questa rubrica, che oggi inizia con il racconto di quanto sta accadendo in una città toscana che molti di voi conosceranno.
In queste ore c’è un caso di scuola che simboleggia in forma esemplare l’applicazione dell’articolo 9: proviene da Volterra, antichissima città toscana che sin dalle sue origini etrusche ha saputo combinare la civiltà urbana con il paesaggio rurale in un rapporto di sintesi dialettica conservativa e non oppositiva. Da questo virtuoso rapporto è derivata una ricca stratificazione culturale, artistica e artigianale, sulla quale si è innestato un florido flusso di turismo.
I DATI
Ebbene, contrariamente a quanto sta accadendo in queste settimane nelle città d’arte italiane più colpite dalla desertificazione provocata dalla pandemia, Volterra può vantare numeri turistici sbalorditivi: negli ultimi giorni i suoi musei hanno fatto registrare un incremento del 350% di visitatori, appena l’8% in meno rispetto al 2019 contro il -40% delle grandi città. Più nel dettaglio, come testimoniato dal quotidiano locale Il Tirreno, dopo un luglio di grande ripresa, addirittura superiore all’anno precedente, si è assistito al progressivo ritorno dei turisti stranieri (in particolare dal nord Europa) oltre al ritorno di turisti provenienti dal nord Italia, in particolare da Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Liguria. Secondo gli ultimi dati raggiungibili, la Pinacoteca civica, il Museo Guarnacci, l’Acropoli etrusca, il Teatro romano e il Palazzo dei Priori hanno registrato 59.432 presenze. Considerando i medesimi giorni di apertura da gennaio a oggi, escludendo il periodo di lockdown, la Pinacoteca civica è stata visitata da 8.909 persone, il 6,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Meglio ancora l’Acropoli etrusca, con un +7%, a dimostrazione di un piccolo prodigio che affonda le proprie radici nella custodia del passato aggiornata ai bisogni e ai vincoli del presente.
CONVIVERE CON IL COVID
E quali sono questi vincoli e questi bisogni? In primo piano c’è naturalmente il Covid-19, la cui diffusione il Comune di Volterra ha voluto e saputo contrastare con uno dei provvedimenti più restrittivi adottati in Italia: dal 15 al 31 agosto, tra le 11 e le 20, un’ordinanza del sindaco rende obbligatorio indossare la mascherina protettiva e di averla “a portata di mano” anche al di fuori del centro urbano, “in modo da indossarla subito qualora venga meno la possibilità di mantenere il distanziamento interpersonale di almeno un metro”, come avviene inevitabilmente nelle vie principali di Volterra, soprattutto all’interno delle mura storiche.
UN’OFFERTA TURISTICA EFFICACE
Ma ecco che al rallentamento della vita causato dal Sars-CoV2 e alle conseguenti contromisure ispirate al principio di precauzione tiene dietro un intelligente pacchetto di offerte pubbliche centrate sulla riscoperta e sulla valorizzazione delle origini culturali volterrane; a cominciare dal banale, ma non certo secondario, prolungamento dell’orario di apertura del Palazzo dei Priori (fino a domenica ore 10-19 e da lunedì ore 9-19). Volterra, che aveva già scommesso sulla propria candidatura come Capitale italiana della cultura nel 2022, ha scelto di favorire un turismo colto di prossimità predisponendo una “Card” che dà sconti nei musei e nelle strutture ricettive. A questo ha aggiunto una campagna promozionale del territorio – il 29 agosto verranno celebrate le botteghe artigiane dell’alabastro, la roccia “totemica” di Volterra che incantò anche Michelangelo – accompagnata dalla sospensione fino al 31 dicembre dell’imposta di soggiorno, dalla disponibilità di parcheggi gratuiti dalle 18 per tutto agosto, dall’annullamento del canone di occupazione del suolo pubblico per gli esercizi commerciali fino alla fine dell’anno, dalla liberalizzazione degli orari per alcune attività e da alcune agevolazioni fiscali che alleggeriscono la Tari e l’Imu.
Impossibile, tuttavia, dar conto di questa piccola-grande storia di successo senza segnalarne il più autentico e profondo nucleo: l’eterna presenza dell’archetipo etrusco-romano che arieggia ovunque, nel dialogo ininterrotto tra la memoria antica (vedi l’Anfiteatro scoperto nel 2015 e visitabile forse già a settembre) e la contemporaneità, tra borgo e campagna, fra crete e argille qui e là ancora ribollenti di magma sepolto. Come dimostra l’itinerario “Luoghi d’esperienza” che si snoda intorno alle mura, grazie alle opere geometriche di Mauro Staccioli (Volterra, 1937 – Milano, 2018): cerchi, ovali, sottili obelischi, triangoli e linee colorate di terra che punteggiano i campi fondendosi con l’ambiente circostante, quali tracce simboliche di matrici macrocosmiche, falli fecondatori, scarne ellissi zodiacali.
IL ‘CASO VOLTERRA’
Esiste dunque un’eccezionalità volterrana, alla base di questa splendida applicazione dell’Articolo 9? Sì e No.
Sì perché Volterra, anzi Velathri nell’idioma nativo, è la più etrusca delle città etrusche, come pensava Guido Piovene; e nasconde qualcosa di magico che ha attratto poeti, scrittori e registi: Carlo Cassola vi ambientò “La ragazza di Bube” (1960) e Luchino Visconti girò qui “Vaghe stelle dell’Orsa” (1964). Ma prima ancora, dopo un soggiorno nel 1909, il Vate Gabriele D’Annunzio scelse Volterra come la scena di “Forse che sì forse che no” e fu proprio lui ad appellare “Ombra della Sera” la notissima statuetta votiva scoperta nel 1737 e destinata a ispirare l’arte di Alberto Giacometti, un riuscito romanzo di Valerio Massimo Manfredi, “Chimaira” (2001) e perfino un singolare sceneggiato giallo andato in onda sulla Rai nel 1975: “Ritratto di donna velata”, interpretato dall’enigmatica Daria Nicolodi, la madre di Asia Argento.
VOLTERRA PARADIGMA ITALIANO
E appunto di enigma e di mistero dobbiamo far cenno in conclusione, per dire che no, non è soltanto volterrana l’eccezionalità di Volterra: è pitagorica, tirrenica e dunque italiana. Per capirlo può essere utile entrare nel Museo Guarnacci, intitolato al settecentesco letterato, archeologo e numismatico volterrano che donò alla città la sua collezione e i suoi libri, dopo averne scritto uno in tre tomi di formidabile valore dedicato al primato tirrenico nella civilizzazione del mondo antico: “Origini italiche o siano memorie istorico-etrusche sopra l’antichissimo regno d’Italia e sopra i di lei primi abitatori nei secoli più remoti” (1767-1772). Che cosa c’è, quindi, di così rilevante nel Museo Etrusco di Volterra? “Un grosso sigillo in terracotta nel quale cinque segmenti di retta, intersecandosi, generano una stella a cinque punte” (G. delle Canne, “Sul Pentalfa pitagorico”, in “Lumen Vitae”, gennaio 1954, p. 35). E’ la Stella d’Italia pitagorica, segnacolo celeste di Venere (Venus Aeterna nostra) e simbolo dell’attuale Repubblica Italiana che ha in Volterra e nella sua Fortuna una manifestazione del proprio Centro spirituale unico e di “un patrimonio culturale unitario che non ha eguali nel mondo”, per ritornare alle felici parole irradiate dal Quirinale.