#StopVQR, “hanno tartassato l’università pubblica”: ecco cosa ne pensano i professori

17 Marzo 2016

 

Stop alla VQR, stop alla valutazione della qualità della ricerca universitaria, stop a quello strumento gestito dall’Anvur ed utilizzato principalmente per punire le Università piuttosto che premiarle.
Si è discusso di tutto questo ieri pomeriggio, nella Sala Tatarella di Palazzo dei Gruppi alla Camera, durante un incontro che ho avuto l’onore ed il piacere di moderare.
Il futuro passa per una migliore valutazione della ricerca”, oltre ad essere il titolo del convegno, è stato anche l’argomento-chiave su cui hanno ruotato gli interventi dei “miei” illustri ospiti.

Ringrazio i colleghi Carlo Sibilia e Gianluca Vacca per aver spiegato la posizione del MoVimento cinque stelle sui temi di università e ricerca

E’ stato il Professor Carlo Ferraro, del Politecnico di Torino, ad esordire parlando di cosa sta succedendo nell’Università italiana dal punto di vista dei docenti. “L’Università pubblica è stata tartassata in questi ultimi quattro anni – ha tuonato – a partire dalle risorse tolte, dai fondi della ricerca assenti, burocrazia invadente, turn over bloccato, diritto allo studio mortificato, ricercatori confinati nel limbo del ruolo esaurimento”.

Parole, le sue, a cui hanno fatto eco quelle di Giuseppe De Nicolao, professore dell’Università di Pavia. Attraverso precise slide, De Nicolao ci ha introdotti nel campo del “Fondo del Finanziamento Ordinario” e di “Europa 2020”, snocciolando numeri e dati. “Nel 2015, la percentuale di italiani laureati nella fascia tra i 25 ed i 30 è bassissima. Tanto che l’Italia è all’ultimo posto, superata anche dal Cile e dalla Turchia”, è stata la conclusione di De Nicolao. “Questo non è un caso ma è la conseguenza di quanto il nostro Paese investe in Università e Ricerca. L’Italia investe sempre meno e se la contrazione di FFO al Nord sfiora il 4%, al Sud arriviamo anche al 20%”, ha confermato il professore.

Alberto Baccini, dell’Università di Siena, ha poi incentrato il suo discorso sulla Valutazione della Qualità della Ricerca. “L’Anvur è stata introdotta con la Legge Gelmini – ha spiegato – ed è di certo un’agenzia mal disegnata. Essa è stata pensata per fare la valutazione della ricerca, la valutazione della didattica, la valutazione della performance delle attività amministrative. Ha tutte le competenze e, di fatto, crea un sistema completamente sbilanciato poiché è tutto nelle sue mani”. Diverse anomalie, tutte italiane, che hanno come risultato un accentramento di decisioni e potere dannosissimo.

Anche nel mondo si comincia a dire che, se si deve fare la valutazione, non si può fare nel modo in cui si fa in Italia. Non può esserci un organismo centrale che decide, per tutti, quale sia lo standard da adottare. Poiché se si sbaglia quello standard è la fine. Ed in Italia siamo alla fine – ha incalzato Baccini – ed ecco perché nel mondo inizia a farsi avanti il concetto di open data, di accesso alle informazioni, di aggregazioni di professori che parlano e discutono insieme su come migliorare le strutture universitarie”.

La conclusione degli interventi è stata affidata al Professor Stefano Semplici, dell’Università Torvergata di Roma, che ha parlato del modo in cui vengono utilizzati i risultati della Valutazione della Qualità della Ricerca. “Politica di riduzione della già scarse risorse sotto l’effige del merito, mortificazione dell’impegno della didattica, ricerca dell’eccellenza contrapposta al dovere dell’equità, erosione del diritto allo studio, competizione contrapposta alla solidarietà che dovrebbe essere alla base dell’Università, divario sempre più ampio tra Nord e Sud”, ha tuonato Semplici.

Attraverso le testimonianze di quattro grandi professori, abbiamo così affrontato un tema caro al MoVimento 5 Stelle. Nel ringraziare tutti quelli che hanno partecipato, voglio ribadire che continueremo ad appoggiare la battaglia #stopVQR iniziando con un atto ispettivo per chiedere che il Ministero non tenga conto per il finanziamento vegliate nei di una VQR che, grazie alla protesta, non può fotografare la reale situazione universitaria.

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