Def e Governo. Ecco un’altra opportunità persa

24 Aprile 2015

Scuola, università, cultura, cinema, spettacolo. Nel Documento di Economia e Finanza (DEF) che abbiamo votato oggi questi argomenti spiccano in primo piano.

Eppure, a ben vedere, tutto questo ha il retrogusto amaro dell’ennesimo fallimento della democrazia e del nostro Paese. Ci saremmo aspettati un’azione più responsabile per promuovere davvero l’istruzione e la formazione (così come indicato nella strategia di Lisbona), ma anche i beni culturali e la valorizzazione del nostro patrimonio e delle bellezze che possiamo offrire.

Invece, nella realtà dei fatti, di tutto questo non c’è traccia. Nel DEF, di cui tanto si pregia il Governo, non ci sono interventi capaci di rilanciare il settore né tantomeno di risolvere i problemi del mondo dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Non c’è alcuna volontà di superare quelle politiche già risultate fallimentari, come la quota premiale prevista per le università che si basa su un meccanismo di premialità che penalizza le università più deboli.

L’assoluta non curanza del mondo universitario è palese.

Pensare che gli Atenei che oggi versano in una situazione di difficoltà economica e organizzativa (soprattutto in considerazione di quelli con una posizione territoriale svantaggiata) non potranno mai garantire il loro ordinario funzionamento, ovvero una qualità dell’offerta formativa adeguata alla loro funzione, è deprimente! È sempre più chiara l’intenzione del Governo di voler creare un gap tra Atenei, affinché solo alcuni di essi possano andare avanti. Il tutto giustificato da un concetto di eccellenza che non sta né in cielo né in terra. Basti pensare che la quota di “premialità” verrà, di fatto, sottratta al Fondo di finanziamento ordinario delle università, quest’anno addirittura in misura pari al 30%!

Lo abbiamo sempre detto e non smetteremo mai di ripeterlo: oggi l’attività di ogni università si basa su docenti e ricercatori che svolgono con abnegazione il proprio lavoro e tutti loro, attraverso fondi adeguati, devono avere la possibilità di raggiungere questa “eccellenza”.

Nel DEF tutto questo manca! I ricercatori non sono considerati come “valore aggiunto” ma quasi come “peso”, costretto ad emigrare all’estero per proseguire la propria attività.

La politica dei tagli continua a mettere in ginocchio tutti i settori della cultura, dalla scuola all’università, dalla ricerca ai beni culturali, creando una situazione a dir poco allarmante.

Nonostante l’investimento in Istruzione, Università e ricerca rappresenti la leva più solida di cui un governo dispone per centrare i suoi obiettivi di coesione sociale e sviluppo economico, nonostante gli impegni assunti dal nostro Paese con il programma Horizon 2020 (con evidenti riflessi negativi sui risultati scolastici, la mobilità e la coesione sociale), non si riscontra un’inversione di tendenza e il Def per il 2015, a fronte degli obiettivi elencati, nella sezione del Piano nazionale di Riforma, prevede risorse e misure del tutto insufficienti rispetto a quelle che sono le reali esigenze.

Siamo stufi delle parole e delle promesse, se poi nei fatti si continua a non far nulla per scuola ed istruzione.

In pillole, vorremmo che il Governo si impegnasse per:

–       modernizzare le università italiane, anche attraverso fondi premiali aggiuntivi e non sostitutivi;

–       sbloccare il turn over;

–       stabilizzare il Fondo Integrativo per il Diritto allo Studio, rendendolo sufficiente a coprire la totalità degli aventi diritto alle borse di studio;

–       reperire i fondi per favorire la ricerca;

–       effettuare investimenti nell’intero settore culturale.

Il DEF poteva essere l’occasione giusta e probabilmente dovremo ancora una volta dire “grazie” a Renzi per averla persa.

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