Focus. Il Carcere Minorile di Napoli e la logica del “Rubo ergo sum”

23 Marzo 2015

La scorsa settimana, col Comitato IV minori della Commissione Antimafia, abbiamo audito il dottor Gianluca Guida, direttore del carcere minorile Nisida di Napoli. Una “conversazione” più che produttiva che è servita a noi per capire meglio la realtà napoletana, dei “ragazzi soldato” arruolati fin da piccolissimi, dei boss 30enne e 40enni, del ruolo di uno Stato percepito come sempre più lontano ed assente.

Dalle parole del dottor Guida, è emerso come all’interno del carcere minorile vi siano in prevalenza ragazzi napoletani, circa l’80%. Un dato significativo, considerando che in altre carceri minorili, ad esempio al Nord, circa il 50% è costituito da ragazzi extracomunitari.

I “ragazzi soldato napoletani” vengono arruolati fin da piccoli, attraverso veri e propri sistemi di indottrinamento per accrescerne il senso di appartenenza. All’età di 9-10 anni, vengono avvicinati e coinvolti nelle dinamiche criminali. Nella maggior parte dei casi, si tratta di reati contro il patrimonio (rapine e furti), anche se recentemente si è assistito ad un’escalation di violenza.

Quel che ha sottolineato Guido, con preoccupazione, riguarda la totale mancanza in questi giovani di empatia ed educazione. Si sentono forti grazie alla scarica di adrenalina data dal reato e ragionano secondo la logica del “rubo ergo sum”.

Il ruolo dello Stato, in questi casi, assume aspetti negativi. Uno dei maggiori problemi, infatti, è che questi ragazzi non si fidano dello Stato, spesso perché hanno conosciuto la parte peggiore di esso, dalla famiglia fragile agli insegnanti di scuola che non assumono un ruolo determinante e positivo nella loro crescita.

Durante l’audizione ho avuto modo di domandare quale ruolo riveste la musica neomelodica nel processo di avvicinamento dei ragazzi al mondo criminaale e se sia possibile educare le famiglie o trovare collocamenti lavorativi ai ragazzi, una volta scontata la pena.

Il dottor Guido ha parlato di una musica neomelodica in calo, seppur il ruolo rimane importante, poiché nelle canzoni neomelodiche c’è una passione travolgente, ma non amore.
“Ci sono sedicenni che cercano la paternità per sigillare il proprio amore e affermare la propria esistenza”, è stata una delle spiegazioni.

A livello famigliare, il lavoro di accompagnamento viene fatto con quelle famiglie fragili che cercano aiuto. Ma la realtà è che per questi ragazzi la prospettiva di un lavoro stabile non esiste, seppur vi sia una forte spinta verso la scolarizzazione e l’alfabetizzazione.
“Sono ragazzi con dipendenze, che si danno un ruolo in giovane età e non riescono a fare quello che sono: adolescenti”.

Condividi questa notizia

Invia commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *