Processo Infinito, ‘ndrangheta è anche al Nord

9 Giugno 2014

Non se n’è parlato molto, come se non importasse a nessuno o non si trattasse di una sentenza storica. Eppure lo è.

Quella della sentenza della Cassazione sul primo processo milanese “Infinito” segna una data storica per tutta l’Italia. Per la prima volta viene confermata la struttura forte, tradizionalista e unitaria della ‘ndrangheta che non è, dunque, solo questione del Sud.

La ‘ndrangheta non è frammentata, è una sola e comanda anche al Nord, a dispetto di quanti fino ad oggi si sono rifiutati di credere e vedere. La verità è che la ‘ndrangheta si è delocalizzata fuori dai confini regionali calabresi, fino ad insediarsi perfettamente nel cuore del Nord, dove l’associazione mafiosa La Lombardia coordina le locali di Milano, Cormano, Bollate, Bresso, Corsico, Legnano, Limbiate, Solaro, Pioltello, Rho, Pavia, Canzo, Mariano Comense, Erba, Desio e Seregno. Il fatto che quello che accade in Lombardia o in Liguria sia deciso a Reggio Calabria dal “Crimine” (una sorta di “Cupola” di Cosa Nostra ma con struttura e poteri molto diversi) è stata la vera novità dell’inchiesta ed oggi confermata dalla Cassazione.

È questo quello che emerge dalla sentenza storica della Corte di Cassazione che ha chiuso definitivamente il Processo Infinito, con 92 condanne e 8 secoli di carcere.

Al vaglio delle Direzioni Distrettuali Antimafia dei tribunali di Reggio Calabria e Milano vi sono state 1 milione e 494.604 conversazioni ascoltate in 25.000 ore di intercettazioni telefoniche su 541 utenze e in altre 20.000 ore di intercettazioni ambientali, oltre a 63.840 ore di videoriprese e 625 servizi di osservazione effettuati da 50 militari giorno e notte, compresi il video dell’annuale summit al santuario di Polsi, e lo storico filmato dei 22 partecipanti il 31 ottobre 2009 alla riunione dentro un centro sociale per anziani di Paderno Dugnano, intitolato a Falcone e Borsellino, per eleggere il temporaneo referente della ‘ndrangheta in Lombardia.

Una vittoria dello Stato e del Rito Abbreviato che in soli 4 anni, a partire dalle circa 300 catture nell’estate 2010, ha portato in Cassazione il giudizio pronunciato nel 2011 dal gup Roberto Arnaldi. Brillante inchiesta, questa, condotta dall’Antimafia milanese del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dei pm Alessandra Dolci e Paolo Storari, in coordinamento con la Procura di Reggio Calabria allora guidata da Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino con l’attuale aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri.

Parlare quindi oggi di infiltrazione al Nord Italia è anacronistico: qua si parla di vera e propria presenza consolidata delle mafie nel Nord Italia. Non è più possibile nascondere la testa sotto la sabbia e fare finta di non vedere il problema. Le mafie seguono i soldi, vanno dove ci sono i soldi. Le mafie non hanno confini, sono al Nord come in Europa, Canada e Australia. Le mafie vivono grazie al consenso e all’omertà, tipici del Sud certo, ma da anni garantiti anche da numerosi imprenditori al Nord Italia che forse hanno sottovalutato la forza e la pervasività di suddette organizzazioni.
Ora non resta che combattere con la stessa tenacia che è stata utilizzata in Sicilia e smettere di sottovalutare questo fenomeno. Non voglio più sentire da nessun Prefetto o Procuratore frasi come “No, ma qui la mafia non c’è”. Nessun territorio è immune da questo “contagio” e questa vittoria storica ne è la conferma.

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